È tutto cominciato repentinamente. Il GP del Qatar dimezzato e quello di Thailandia rinviato. Pareva comunque una situazione temporalmente gestibile, nulla da annullare, semplicemente ricalibrare i tempi a causa di questo temporale di passaggio.
E invece no. Ci troviamo oggi con un calendario mutilato e disgregato, con 3 gare cancellate (Germania, Olanda e la debuttante Finlandia) e quattro – per adesso – rinviati a data da destinarsi (Jerez, Le Mans, Mugello e Catalunya). Ci troviamo nostro malgrado immersi in questo esperimento di mescolamento del passato e del futuro: con le gare storiche, le interviste ai piloti, i video delle celebrazioni da un lato e i GP virtuali dall’altro.
Ora, cosa significhi questa commistione tra amarcord e romanzo distopico sul futuro, dove le relazioni sono annientate e lo showbiz punta ogni cosa sulla realtà virtuale (consigliamo, per chi non lo avesse letto il libro Skill, di Alessandra C.) per i tifosi che naturalmente vivono la passione di gare sudate, di prati da colonizzare la sera prima, di notti in bianco e di birre rovesciate sulle bandiere dei propri idoli possiamo solo immaginarlo, vivamente, rendendo quella sensazione aderente a ciò che prova ciascuno di noi.
Ma per i piloti?
Una stagione non nasce al primo semaforo verde e non muore all’ultimo traguardo tagliato. Una stagione è lavoro fisico e tecnico, è studio dei dati e affinamento dei particolari per ritrovarsi competitivi per la propria prima gara nel Mondiale, per confermare il proprio dominio, per insidiare un titolo, per correre la propria ultima stagione.
Ecco, noi sappiamo perfettamente distinguere le priorità. Siamo assolutamente coscienti che la salute di ciascuno di noi, anche di una sola persona, è molto, molto più importante di qualsiasi nostra passione.
Ma reso chiaro questo, ci permettiamo uno sguardo nostalgico ai weekend di passione. E un pensiero ai piloti che hanno lavorato sodo per tagliare un traguardo; ai team che hanno passato le notti davanti a moli esorbitanti di dati e pezzi meccanici da rendere perfetti; a tutti i lavoratori del Circus, che troppo spesso tendiamo a identificare solo con i volti più conosciuti e più “retribuiti”, dimenticando la macchina pulsante di vita che sta dietro a ciascuna gara, e che per alcune tappe nel mondo è l’evento che permette di portare a casa la fetta più grossa del salario di un anno. E a tutto l’indotto, sempre perchè dietro ogni carena, dietro ogni bandiera, dietro ogni cordolo ci sono persone che lavorano. E che ora sono ferme, come molti di noi.
Per ora stiamo fermi, ma confidiamo di ripartire presto, e di raggiugere, di nuovo: #TheSpeedOfLight.
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