Blog | Generazione di fenomeni
Generazione di fenomeni, siamo noi… generazione di fenomeni, tutti eroi… generazione di fenomeni, come voi.
Così cantavano gli Stadio nei primi anni 90, quando in ogni campo i fenomeni erano effettivamente più difficili da scovare, non esistevano ancora i “fenomeni del web”, i “fenomeni da baraccone” erano ancora campioni indiscussi (solo) dei circhi e i fenomeni del motociclismo si tiravano su a lacrime e sudore.
Perchè questa “intro musicale”? Perchè nella splendido weekend di Misano Fabio Quartararo ha avuto una gara memorabile. Eccezionale crescendo dalle libere fino al traguardo, con quel leggero amaro in bocca che può lasciarti l’essere battuto da una fenomeno D.O.C. come Marquez.
Allora abbiamo iniziato ad interrogarci, guardandoci indietro, su quanti sono stati i fenomeni che avrebbero dovuto offuscare le stelle del firmamento della MotoGP (Marquez, e prima di lui, Rossi).
In principio era Vinales. Rullo di tamburi e presentazioni tra i fuochi d’artificio per quello che doveva essere l’anti-Marc. Un grande pilota Maverik, con il talento, il piglio giusto e la fame che serve per andare sul ring con il campione dei pesi massimi. Poi però le circostanze si mettono di traverso, e se non riesci a controllare tutte le variabili ce il Circus ti impone, finisci suonato. Che non significa assolutamente essere fuori dai giochi, ma certamente, a certe condizioni ed in un certo momento storico, non sei tu quello che metterà al tappeto Alì.
Più di paglia il fuoco di Zarco. Nelle bocche querule dei detrattori di Rossi (che non c’entra mai nulla, ma a tutti piace tirarlo dentro per vivere di luce riflessa) il Dio della moto, penalizzato solo dal fatto di essere su una Yamaha satellite. Lo stesso Quartararo ieri ha dimostrato l’infondatezza di questa tesi. Per quel che riguarda il buon Johan purtroppo dalle stelle è finito nelle stalle, tanto da non rinnovare per la prossima stagione nemmeno il contratto con KTM, e ritrovarsi a sperare in un posto da collaudatore con, magari, qualche wild card da fare per dimostrare il suo valore. MA la storia insegna. Per fare risultati in MotoGP, o sei Troy Bailyss o ti serve il ritmo di una stagione.
Recentissime sono le “quotazioni fenomeno” per Alex Rins. Ci dispiace un po’ perchè ieri non è arrivato al traguardo e tutti se lo sono immediatamente dimenticati a vantaggio del nuovissimissimo fenomeno: Fabio.
Cosa vogliamo dire con questo bell’elenco di storie e glorie di (giovanissimi) piloti saliti e scesi nel borsino delle stelle nascenti?
Che, forse, abbiamo più voglia di trovarlo che di osservarlo, un nuovo fenomeno vero. Le leggende della MotoGP, al di là dell’elenco stilato dall’organizzazione del MotoMondiale sono veramente poche, si contano sulle dita di una mano. E le leggende che hanno anche goduto di una certa longevità si contano su tre di queste dita: Agostini, Rossi, Marquez.
È perchè questi 3 sono stati -veramente- i più bravi di tutti? Sì. Forse non sono stati sempre i più veloci, forse in alcune annate hanno incrociato in pista chi avrebbe potuto disarcionarli dal loro cavallo bianco, ma sempre, -sempre- sono riusciti a rimanere in sella dopo la sgroppata.
Per essere un fenomeno non basta il polso. Bisogna mettere, insieme al talento, una serie di fortune con un tempismo degno di un metronomo. Ti devi trovare sulla moto giusta, non necessariamente la migliore, ma quella che meglio si adatta a te. Questo deve capitare nel momento in cui hai quel secondo in più nel polso. Devi essere in grado di reggere alle bordate di coloro i quali vogliono il tuo posto. Devi essere esente da errori, anche veniali, per il giusto periodo di tempo. Devi reggere la tensione oltre il limite di rottura, altrimenti puoi essere il manico migliore del mondo, ma decidi di andare a pescare in Australia. E devi piacere tantissimo a chi le moto le guarda, o piacere talmente poco da diventare il Nemico, e nutrirti di questa folla che ti vorrebbe finito.
C’è un fenomeno in ogni bambino che nasce. Ma pochi, pochissimi sono in condizione di raggiungere (e mantenere)… #TheSpeedOfLight.
Blog | And the winner is…
23 Settembre 2019
Una domanda dalla risposta ormai ovvia..
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Blog | Formula Charles
La Formula Charles non è il nuovo motorsport che sembra imporsi nelle ultime gare della Formula Uno, sembra piuttosto essere, invece, la nuova ricetta vincente che la Ferrari ha lanciato sul tavolo del circuito automobilistico mondiale. Grande incetta di punti… e di spettatori, sia sugli spalti che su Sky e TV8.
È in arrivo una nuova esplosione di Febbre Rossa? Noi ovviamente speriamo di sì, perchè dopo qualche anno buio per la scuderia del cavallino è il momento di ridare forza a questa eccellenza italiana che per un po’ non ha scaldato i cuori degli appassionati e che gli appassionati stessi hanno lasciato un po’ da parte. Un giovane pilota con spirito vincente onorerà sicuramente la causa, ma starà anche a noi rimanere vicini alla Ferrari e spingerla verso nuove vittorie tra i circuiti del mondo e, chissà, forse domani verso il titolo mondiale.
E Leclerc è il candidato perfetto per questo ruolo. Il ragazzo è cresciuto all’interno della Ferrari Academyed ha quindi un attaccamento “alla maglia” (per dirla in termini calcistici) che solo chi è maturato in seno ad una squadra ha. Ma questo ovviamente non basta, la sua incredibile velocità e il grande livello di maturità fanno dire al DS di Maranello che il suo rendimento va ben oltre le aspettative (già alte) del Team che ha deciso di dargli una macchina dopo la partenza di Raikkonen.
Sempre Lauren Mekies dice di lui: “sta facendo tante cose che non vedevamo da tanto tempo, mi ricorda Sebastian quando ha iniziato, ogni due-tre gare va sempre più forte”. E speriamo che il giovane talento possa servire da stimolo anche al “vecchio Sebastian” che seppure forse ultimamente un po’ arrugginito, rimane sempre un grandissimo campione.
Vittoria in pista e in tv, dicevamo, per gli appassionati. La gara di Monza è stata infatti la miglior gara F1 di sempre su sky, raggiungendo circa 9 milioni e 230 mila appassionati. Un bel jackpot per chi ha deciso di investire pubblicitariamente sul GP d’Italia. Riportiamo i dati raccolti da La Repubblica: “Il trionfo della Ferrari al GP di casa grazie all’impresa di Charles Leclerc esalta il pubblico e fa volare gli ascolti in tv: sono stati oltre 1 milione 910 mila gli spettatori medi che hanno scelto di guardare la gara su Sky Sport dall’inizio alla fine, con circa 2 milioni 740 mila spettatori unici, il 70% di permanenza e una share del 12,54%. Su TV8, invece, raggiunti oltre 4 milioni 50 mila spettatori medi e circa 6 milioni 815 mila spettatori unici, con il 26,59% di share. Anche gli studi di Sky Sport segnano record importanti per la stagione in corso: il pre gara dalle 13.30 alle 15.10 è stato seguito in media da oltre 540 mila spettatori, mentre il post ha raccolto davanti alla tv ben 1 milione 50 mila spettatori medi. Boom di ascolti anche per la diretta di “Race Anatomy” dal Museo Alfa Romeo: l’appuntamento con la rubrica di Sky Sport F1 è stato visto da oltre 255 mila spettatori medi. I dati del GP d’Italia confermano la crescita del pubblico della Formula 1 su Sky Sport. Nella stagione in corso, le gare in diretta hanno infatti segnato un nuovo record: in media ogni GP è stato seguito da circa 1 milione 414 mila spettatori e 2 milioni 275 mila spettatori unici, con una crescita rispettivamente del 63% e del 69% nelle ultime cinque stagioni (da marzo a settembre). Buone performance anche per gli studi, con gli ascolti del post GP in crescita del 22% rispetto allo scorso anno.“
Grandi numeri in televisione ma grande successo anche sui social network , Twitter in primis, dove fan e appassionati di tutto il mondo hanno generato un traffico da 500mila tweet, capaci di portare la gara di Monza in vetta ai Trend topic.
Siamo all’alba di una nuova era per la Formula 1? Non possiamo che augurarcelo perchè dentro il nostro petto vibra un motore e nelle nostre vene scorre benzina. Raggiungiamo #TheSpeedOfLight.
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23 Settembre 2019
Una domanda dalla risposta ormai ovvia..
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Blog | Ciao Marchino!
Il tempo è gentiluomo, il tempo è tiranno. Arriva per tutti il momento in cui appendere al chiodo lo strumento del proprio lavoro, per alcuni sono pala e picco, per altri più fortunati come Marco Melandri, sono casco e tuta da moto.
Marchino, come l’aveva soprannominato affettuosamente Guido Meda è sempre stato un pilota dal cuore grande, dal polso rapido e dalle alterne fortune (più spesso sfortune…) che ne hanno punteggiato una carriera comunque di tutto rispetto. Si pensi solo al Mondiale ’99 in cui partì con tre 0 nelle prime tre gare, a seguire mise insieme 5 vittorie e si vide sfuggire il titolo per 1 punto, quello che gli mancava per superare Emilio Alzamora, che durante quella stagione, di gare, non ne vinse neanche una.
O il suo approdo alla Kawasaki, che proprio quell’anno decise di ritirarsi dalle corse, lasciandolo in pista con il solo Team Hayate (con il quale riuscì comunque a conquistare un secondo posto in Francia.
Alterne fortune, appunto nella MotoGP, dove ad anni bui su una Yamaha per nulla competitiva (non era ancora arrivata l’era Rossi) ne seguì uno ottimo, il 2005, nel quale riuscì a piazzarsi secondo nella classifica mondiale a fine campionato, proprio dietro il Campione di Tavullia. Anni d’oro, quelli, per il motociclismo italiano.
Eccolo qui Marchino, come l'aveva soprannominato il re delle telecronache Guido Meda.Correva l'anno 2002 e il ventenne pilota ravennate si apprestava a vincere il suo titolo nella classe cadetta del MotoMondiale.
Non erano le moto2 di oggi, ma delle bestioline 250 ingestibili, in cui solo il manico del pilota faceva la differenza tra l'alloro e la ghiaia.
Una nuova rinascita nel 2011 sulle derivate di serie. Quell’anno il ravennate inforca la Yamaha e centra un nuovo secondo posto nel mondiale SuperBike, dietro uno splendido Carlos Checa in stato di grazia quell’anno, e davanti a un certo Max Biaggi, uno che in SBK qualcosa lo ha dimostrato.
Sarà un addio definitivo?
“Tutte le favole hanno una fine. – dichiara Marco – Fin da piccolo sognavo di diventare un pilota e la mia è stata una favola. Ostinarsi ad andare avanti, quando la fiamma del fuoco si abbassa, significa tornare a casa che non hai apprezzi ciò che fai. Bisogna avere il coraggio di dire basta.”
Sembrerebbe di sì. Quando un pilota non sente ardere in se’ gli ottani al massimo, fa bene a lasciare la moto sui cavalletti. Ma il mondo delle corse è pieno di grandi rientri, magari solo per assaggiare ancora una volta la pista. Max Biaggi e Troy Bayliss ne sono sfavillanti esempi: si salta in sella, si dimostra (soprattutto a se stessi) di avere ancora il manico, si saluta tutti e si ritorna a casa.
Oppure si fa qualche stagione da collaudatore, perchè alla fine togliersi l’odore della benzina dal naso non è facilissimo, soprattutto se ce l’hai nel sangue. Offri la tua esperienza, e ti stacchi con meno sofferenza da quello che è stato il mestiere della tua vita, da quella che è stata la tua vita.
Non sappiamo cosa farà il nostro Marchino, ma ciò che gli auguriamo è che abbia tutto il meglio. Perchè ci è rimasto nel cuore. E quella tuta di Spiderman, non la dimenticheremmo mai!
#TheSpeedOfLight.
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23 Settembre 2019
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Blog | C'è bisogno di ferie
Speravamo che dopo la tempesta perfetta di Bacellona e i temporali di Assen tornasse il sereno nel cielo dei piloti italiani. Purtroppo anche il Sachsenring non vede tornare il sereno e relega i nostri portacolori a posizioni poco prestigiose parecchio dietro gli assi del weekend Marquez e Vinales (e se non si fosse sdraiato Rins).
Spagna-Italia quasi 3 a zero quindi. Un risultato fin troppo gentile se consideriamo che il distacco dalla testa della gara, per Petrucci, primo degli italiani, è stato di 16 secondi. Questo ci fa ragionare sulla questione che sollevavamo nel nostro precedete articolo il tema #FreePetrucci.
Bene, il pilota ternano (forse anche grazie al rinnovo del contratto) ha liberato parte delle sue energie, ingaggiando una battaglia nel finale di gara con il compagno di squadra Dovizioso e mettendolo dietro al traguardo. Il problema è che ciò non basta. Il problema rimangono i 16 secondi.
Marquez sembra correre in un’altra categoria, tanto che in Germania (la sua pista preferita dove ieri ha festeggiato le 10 vittorie) si è potuto permettere di tagliare il traguardo a braccia conserte, ma sul terzo gradino del podio ci è salito un altro pilota Honda – Crutchlow e sul secondo la Yamaha di Vinales. Certo, questa non è certamente il circuito preferito dalle Ducati, ma il distacco rimediato dai primi è imbarazzante e il fatto che il pilota di punta del Team, Dovizioso, non sia riuscito a dare quello spunto in più che lo potesse portare -se non a giocarsela- almeno a ridurre il ritardo dai primi è indicativo del fatto che c’è qualcosa da rivedere nel pacchetto.
Il Dovi, attento e analitico come sempre, individua il problema nel fatto che la moto “non giri”, una lacuna storica della moto di Borgo Panigale, già riscontrata da Stoner e Rossi. Ma se è chiaro che fino all’anno scorso, nelle sue caratteristiche di punta, la rossa fosse talmente superiore alle concorrenti da tamponare il suo difetto peggiore, è evidente che in questa stagione le altre moto siano migliorate abbastanza da annullare il vantaggio e raggiungere la creatura dell’Ingegner Dall’Igna. Un rompicapo non da poco.
Ok, c'è bisogno di una pausa, soprattutto per moto e piloti italiani.
Gli ultimi tre GP sono stati un'ecatombe di punti per i corridori tricolore della classe regina, ma certamente non possono essersi trasformati da cavalli di razza a brocchi nel giro di qualche mese. Che soluzioni per Rossi, Dovizioso e le Ducati?
Nel frattempo Rossi rema senza posa su una moto con la quale non c’è più l’amore di un tempo, e se fino a ieri era comunque il primo in classifica della sua marca, con le ultime due gare il compagno lo ha sopravanzato di una manciata di punti.
Come specifica lo stesso Valentino però, il problema non è tanto questo quanto le difficoltà di adattamento. Non cerca scuse il Dottore, ma allo stesso modo non riesce a trovare soluzioni.
“Non ho le idee completamente chiare su cosa non funzioni, non ne conosco la causa, ma la sensazione che ho in sella è precisa perché non riesco a uscire bene dalle curve. Sulla M1, quest’anno, bisogna usare un assetto diverso rispetto al 2018 e per me e Morbidelli è più difficile farlo, mentre Vinales e Quartararo si trovano meglio. Non riesco a guidare la Yamaha come facevo lo scorso anno”.
Anche qui un cubo di Rubik di difficile soluzione. Se le facce di Maverik e Fabio sembrano essere a posto, bisogna ora riuscire a far quadrare quelle dei due italiani senza modificare le prime.
Una pausa estiva quantomai necessaria a questo punto quindi, certo non sarà un periodo di riposo (soprattutto per gli ingegneri), ma sarà fondamentale per aggredire la seconda metà della stagione con un altro spirito.
#StayTuned #TheSpeedOfLight.
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23 Settembre 2019
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Blog | Che succede?
Una tappa difficile da digerire per tutti noi. Non ci consola vedere i primi tre italiani arrivati al traguardo nelle prime tre posizioni che contano poco perchè, diversamente da altre volte in cui le posizione cadette della classifica erano panacea a situazioni difficili, oggi ci risultano indigeste perchè non vediamo una svolta all’orizzonte.
Il Dovi che non riesce a lottare per le posizioni da podio, Pertrucci quasi irriconoscibile rispetto alle ultime gare e Rossi che chiude uno dei weekend più oscuri della sua carriera nella ghiaia sono tre bocconi amari che ci si bloccano in gola e quindi: che succede?
Certo, capita a volte che congiunzioni astrali trasformino i nostri lunedì in blue monday, ma oggi usciamo dallo spazio e cerchiamo di capire cosa sia successo.
Andrea ha sicuramente patito le performance di una moto che non ha mai digerito questa pista. si sa che la Ducati ama rettilinei e ripartenze brucianti per sfruttare tutta la sua potenza. In più, le temperature particolarmente alte per la latitudine hanno penalizzato la rossa nel secondo dei suoi plus, dato che il consumo della posteriore è stato esagerato. E non è la posizione al traguardo a preoccuparci, quanto i 14 secondi di distacco accusati. Dovi da buono studioso qual è vede il bicchiere mezzo pieno avendo limitato al minimo i danni. Ma è così che si vince un mondiale? Calcolando?
Forse questo distacco dal primo che inizia ad essere importante per qualche verso libererà la mente del forlivese. Magari non dovendosi più preoccupare di non perdere troppi punti si dedicherà totalmente a guadagnarne, magari rischiando qualcosa in più.
Al suo fianco ha un ottimo “scudiero” il buon Petrucci, che ci piacerebbe però smettere di chiamare appunto “il buon” e iniziare ad appellare come “lo scanna-squali” o “L’ineluttabile”. Comprendiamo la situazione di stallo psicologico di Danilo, stretto tra la necessità di fare risultati e l’impossibilità di attaccare i compagno a testa bassa perchè è esattamente ciò che gli hanno chiesto da Borgo Panigale in funzione del nuovo contratto. E tuttavia ci chiediamo: è di un pilota del genere che la Ducati ha bisogno per vincere un mondiale? Attenzione, perchè con questo non intendiamo che abbia bisogno di uno diverso da Petrucci, ma di un -diverso Petrucci-. Danilo ha già mostrato di avere il carattere e i denti per mordere gli avversari, ma se tieni un cane da caccia con la museruola non è che lo trasformi in un cane da tartufo. Lo fai rimanere una potenzialità inespressa. Ancora quindi diciamo: forse la distanza presa da Marquez nel Mondiale permetterà al team di dare uno spazio diverso al suo pilota gregario che – se lo merita -. #FreePetrucci
La domanda che gira in testa ad ogni italiano appassionato di MotoMondiale, a questo punto della stagione e dopo questa "strana" gara olandese è: Cosa diavolo succede? La "nazionale " italiana di MotoGP sembra essere invischiata, chi per un verso, chi per l'altro, in un pantano difficile da guadare e senza corde di sicurezza. Cosa ci sta succedendo?
L’altra metà del cielo dei tifosi italiani non è meno carica di nubi. Anzi.
Il weekend di Valentino è stato più nero dei nuovi colori della tuta Yamaha. Prove andate malissimo e gara finita peggio. Seppure il dottore, nonostante la caduta, dichiari di aver visto uno spiraglio di luce in quei primi e soli giri di pista fatti.
La performance olandese di Rossi stride fortemente con quelle delle altre Yamaha in pista. Giustamente lui si dice felice per la vittoria di Maverik e per il podio di Quartararò oltre che per il piazzamento del Morbido. Ma è impossibile che al fondo della mente non scavi una domanda: perchè loro vanno e io no?
Molti commentatori si sono lanciati in elucubrazioni non troppo fantasiose: è un pilota finito, è una squadra finita, è una moto finita. No. O meglio non esattamente. Sulla prima affermazione continuiamo a dire ciò che abbiamo sempre detto ad ogni caduta (anche metaforica di Vale) NO. Non è un pilota finito. Un pilota finito non guida la prima delle Yamaha nel mondiale nonostante 3 zeri rimediati nelle ultime 3 gare. E basta, le considerazioni sono migliaia -sull’attuale- valore indiscusso di Rossi. Chi le nega ha solo voglia di polemica e qualche click.
La moto e la squadra sono invece elementi su cui ragionare. La moto di Iwata è sempre andata bene su questa pista e certo, dei piccoli miglioramenti ci sono stati nelle ultime gare. Ma purtroppo ci ha abituato a mostrarci della luce e subito dopo ricacciarci nelle tenebre. E se questi piccoli step sono realmente stabili, si tratta -comunque- di piccoli step. Ci vuole la zampata del leone per tornare a giocarsela in testa. Il team di Valentino forse è un po’ stanco. Anni di affanno probabilmente iniziano a farsi sentire e forse è arrivato il momento di introdurre forze fresche. I risultati, dopo cambi calibrati e giusti inserimenti non si sono mai fatti attendere. Forse ci vuole una sferzata per tornare a correre alla velocità della luce. Il dottore è, tra i piloti, quello che più avvicina la sua storia al mito della fenice. Troppe volte dato per morto, è sempre risorto dalle proprie ceneri.
#StayTuned #TheSpeedOfLight.
Blog | And the winner is…
23 Settembre 2019
Una domanda dalla risposta ormai ovvia..
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